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Leggendo alcune articoli di psicologia me ne è capitato uno abbastanza interessante su "travestitismo" che spiegherebbe come in molti casi paradossalmente questa pratica starebbe addirittura a rafforzare l'idea dell'identità anziché annichilirla per sostituirla del tutto con quella femminile. Riporto l'articolo
“Durante un periodo di almeno 6 mesi, fantasie, impulsi sessuali o comportamenti ricorrenti, e intensamente eccitanti sessualmente, riguardanti il travestitismo in un maschio eterosessuale”. Questa è la definizione che troviamo nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali della parafilia definita come “Feticismo di travestimento” che più semplicemente indica la necessità da parte di un uomo di indossare un indumento femminile per arrivare a raggiungere l’eccitazione sessuale. Alcuni indossano un singolo capo di abbigliamento femminile sotto i loro abiti maschili, altri si vestono interamente da donna. Un capo preferito di abbigliamento può diventare erotico in se stesso e può essere usato abitualmente prima nella masturbazione e poi nel rapporto sessuale. Quando non è travestito quest’uomo è di solito un maschio che passa inosservato, che non ha nessun comportamento o atteggiamento particolare. É un uomo eterosessuale, che ricerca, quindi partner di sesso opposto. Una caratteristica risiede nel fatto che quando è travestito di solito si masturba immaginando di essere sia il maschio soggetto che la femmina oggetto della sua fantasia sessuale.
Alcuni autori di orientamento psicoanalitico che si sono interessati a questa parafilia ritengono che travestendosi da donna il soggetto riesca a placare la propria angoscia di castrazione in quanto inconsciamente si rassicura che anche la donna possiede un pene.
L’apparenza femminile viene quindi utilizzata proprio per preservare la mascolinità, per questo non può essere considerata una disfunzione dell’identità di genere.
Il travestito coltiva uno straordinario spazio di illusione: riuscire a tenere insieme il desiderio di essere dipendente, vulnerabile, sottomesso, ottenendo nel frattempo conferma di essere ancora un maschio potente e dominante. Il suo obiettivo, come sottolinea la Salvo, è quello di negare la differenza tra i sessi o, meglio, di conservarli entrambi sulla propria persona.
Il travestitismo veniva praticato in molte società antiche e Ippocrate, per primo, lo etichettò come malattia. Il termine travestitismo, inteso come diagnosi medica, fu impiegato per la prima volta dal sessuologo tedesco Magnus Hirschfeld nel 1925. Egli ipotizzava nel travestitismo una condizione “intersessuale” ben distinta dall’omosessualità.
Qualche tempo prima (nel 1897) Haevelock Ellis aveva proposto, per indicare lo stesso fenomeno, il termine “eonismo”, dal nome del cavaliere d’Eon de Beaumont il quale, vissuto alla corte di Luigi XV, aveva l’abitudine di vestirsi da donna.
Attualmente si tende a usare anche cross-dressing, ovvero “inversione d’abbigliamento”, comprendendo in questo termine una serie però più ampia di comportamenti non necessariamente patologici. Il cross-dresser suggerisce una libera adozione degli abiti dell’altro sesso e, quindi, la scelta di uno stile di vita.
Secondo le stime della International Foundation for Gender Education, sei americani su cento sono cross-dresser. Uno degli aspetti più importanti del cross-dressing è come esso sfidi tradizionali nozioni di binarismo, mettendo in discussione le categorie di “femminile” e “maschile”, sia che le si consideri ontologiche sia costruite, biologiche o culturali. Ciò che contraddistingue il Feticismo di Travestimento è la sua stretta connessione con l’eccitazione sessuale, l’indumento dell’altro sesso è necessario e indispensabile per raggiungere la piena soddisfazione sessuale.
Il piacere di travestirsi è una manifestazione assolutamente normale e comunissima a tutte le epoche e a tutte le culture. La più nota di tali ricorrenze è la mascherata del Carnevale. In questa occasione vengono facilmente trasgrediti molti tabù e regole sociali e succede spesso che gli uomini si vestano da donna e viceversa. Alcuni interpretano questi comportamenti come manifestazioni di omosessualità latente ma personalmente concordo con altri colleghi che sottolineano soprattutto il meccanismo dell’anonimia e leggono forti motivi onirici di seduzione dietro queste fantasie di ruoli.
Nel corso della storia le donne hanno adottato panni maschili per avere accesso all'istruzione e a posizioni socialmente e politicamente forti ma il vestirsi da maschio non riveste quel carattere compulsivo come nell’uomo e non risponde ad un proposito di soddisfazione erotica. Inoltre oggi come oggi alla donna è consentito normalmente di indossare abiti maschili in qualunque occasione e, quindi, risulterebbe difficile identificare dietro ad un atteggiamento comunemente accettato una perversione. |
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