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UN DIAMANTE PER GLORIA
(quinta parte)
Erano dieci i metri che separavano Gloria dalla sala di sorveglianza. La guardia ebbe la percezione che ci fosse qualcosa di strano, ma non ebbe il tempo di ragionarci sopra poiché con pochi balzi Gloria era già arrivata alla porta. L’uomo fissò il volto mascherato e fu come ipnotizzato dalle labbra rosso fuoco e dagli occhi decisi della donna e quell’incertezza gli precluse ogni difesa in quanto, prima che potesse fare qualcosa, un dardo con sonnifero gli si era già conficcato in un braccio. Non potè far altro che reclinare la testa e cadere in un sonno profondo. Mentre spegneva tutte le telecamere in modo da lavorare indisturbata senza occhi indiscreti che la registrassero, Gloria disse, trionfante: “Te la sei cavata con poco. Una buona dormita di 4-5 ore e un mal di testa passeggero quando ti sveglierai.” Messi a nanna i poliziotti, la donna poteva dedicarsi alla missione che si era prefissata, ovvero il furto del diamante. Per prima cosa però, tornò nel corridoio e trascinò le due guardie esanimi all’interno della sala dei dipinti, a ridosso della porta per bloccarla dall’interno. Poi si approcciò alla sala del diamante. Giunta appena oltre l’entrata, prese dallo zaino un paio di occhiali a raggi infrarossi per vedere come era costituita la barriera d’allarme. La ladra sospirò di sollievo: la barriera si presentava come un reticolato di fasci di luce, ma tutto sommato si trattava di un sistema d’allarme standard che Gloria aveva già incontrato e superato altre volte. Prese, quindi, il coccio di vetro e se lo mise all’interno della calzamaglia, bloccandolo nel reggiseno; poi lasciato lo zaino iniziò il superamento della barriera con movimenti da contorsionista che ormai, dopo anni di allenamento, erano diventati quasi automatici. In pochi minuti giunse all’agognato diamante. Diede un’occhiata per essere certa che non ci fosse qualche altro marchingegno d’allarme, quindi rassicurata, alzò il contenitore e fece la sostituzione del prezioso diamante con il pezzo di vetro. A questo punto Gloria rifece la strada appena percorsa, abbassandosi e rialzandosi per scavalcare i vari tranelli che la barriera di raggi proponeva e finalmente fu in salvo senza commettere errori. Velocemente riprese lo zaino e ritornò nella sala dei dipinti fino a giungere ad un quadro del pittore francese Manet. Prese un taglierino dalla sua attrezzatura e tagliò il quadro lungo i bordi, liberandolo dalla cornice e arrotolandolo. Il lavoro lì era finito. Gloria uscì dalla porta, liberandola dai corpi addormentati delle due guardie. La ladra prese il corridoio ma, arrivata davanti ai bagni, vi entrò e nascose il dipinto rubato sopra un armadio. Poi riprese la via della terrazza e in un attimo era pronta alla traversata fra i due edifici, tramite la fune. Quando fu sulla terrazza del proprio albergo, Gloria premette un pulsante sul piccolo fucile, sganciando a distanza l’arpione dalla opposta parete e ritraendolo a sé. Quindi, ripose tutta la sua attrezzatura nello zaino e scese le scalette per tornare alla propria stanza. Erano ormai quasi le 2.00 e tutti i clienti dell’albergo dormivano, per cui la donna mascherata potè guadagnare la porta della camera senza fare incontri imbarazzanti. Finalmente era al sicuro con il bottino nascosto nel reggiseno. Si tolse il cappuccio nero, liberando i suoi capelli biondi, si sfilò la calzamaglia e si gettò sul letto, stanca ma felice. Marchetti fu puntuale e alle 7.00 salì in camera da Gloria. L’insospettabile ladra era già vestita elegantemente e sotto una gonna che arrivava appena sopra il ginocchio indossava collant neri molto velati e scarpe col tacco alto. Sopra la camicietta, una pelliccia bianca le dava un aspetto da regina. Marchetti ne fu molto colpito, ma la sua attenzione si spostò presto sul diamante che faceva bella mostra di sé sopra un tavolino. “Non avevo dubbi che saresti riuscita.” “Neppure io. Adesso è tutto tuo. Piazzalo come meglio credi.” “Ho già qualche contatto, ma questo è affar mio. Riceverai come sempre l’accredito sul tuo conto in Svizzera.”
Nel frattempo al museo, i poliziotti che avrebbero dovuto dare il cambio di guardia trovarono i colleghi ancora addormentati e diedero subito l’allarme. Grazie alla testimonianza dell’addetto alla sorveglianza delle telecamere, si seppe che una donna mascherata si era introdotta quella notte, presumibilmente per rubare qualcosa. Poiché la sala del diamante sembrava non essere stata toccata, gli inquirenti si indirizzarono verso la sala dei dipinti e ben presto scoprirono la sparizione del quadro di Manet. Tutte le forze di polizia della città, dunque, furono destinate alla ricerca della ladra e del quadro ed è così che circa mezz’ora dopo venne rinvenuta, nei bagni adiacenti alle sale del museo, la tela rubata. Della misteriosa donna, tuttavia, nessuna traccia: si presunse che, vista l’efficienza del sistema di controllo all’interno del museo, la ladra fosse stata costretta ad abbandonare la refurtiva. Pertanto nella conferenza stampa della mattinata, il capo della polizia di Doha, molto soddisfatto, lodò i propri uomini capaci di mandare in fumo i piani dei più pericolosi criminali. Le visite al museo non furono interrotte, anzi ci fu un incremento dei biglietti venduti grazie soprattutto ai molti turisti stranieri che desideravano vedere il famoso diamante del 13° secolo. Fu solo tre giorni dopo, che un esperto d’arte canadese fu colto dal dubbio, notando che la brillantezza dell’oggetto era lontana da quella di un vero diamante. Costui ebbe il suo daffare a convincere i responsabili a fare un controllo accurato che confermò tutte le perplessità e fece aprire gli occhi alla polizia su cosa era effettivamente successo quella notte. Ma ormai il diamante era già stato portato all’estero e Marchetti lo stava piazzando presso un cliente facoltoso. In quanto a Gloria, in quel momento era a San Pietroburgo vestita in pelliccia e si apprestava a visitare il museo dell’Hermitage per studiare un nuovo colpo.
FINE
Voglio ringraziare Gloria per aver accettato la parte di ladra mascherata in questa mia storia.
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