Cura dell'altro e ritualita' sadomasochistica

di Andrea Nicolini

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    CURA DELL’ALTRO E RITUALITÀ SADOMASOCHISTICA
    Andrea Nicolini

    Parlare di cura e, in particolare, di cura in relazione al dolore, ci porta sempre a pensare a un coinvolgimento teso ad alleviarlo. Il dolore fisico è, infatti, qualcosa che impedisce di pensare e agire liberamente, talvolta è così straziante che assorbe la vita e si preferisce rinunciarvi pur di farlo tacere. Come scrive Wittgenstein, le parole non bastano a dire l’esperienza del dolore poiché «L’espressione verbale del dolore sostituisce ma non descrive il grido». Il dolore inoltre non è certamente solo fisico ma anche morale e metafisico, non a caso tutto il problema della teodicea poggia proprio sulla domanda: “perché il dolore?” e quindi “perché il male?”. Il fatto che io sia gettato nel mondo nel momento in cui nasco implica che io abbia e sia un corpo che non ho scelto, l’essere umano trova infatti questo corpo, non è causa sui, e allora il dolore diventa domanda e inevitabilmente aper-tura metafisica: “perché io soffro?”, oppure, che è lo stesso, “perché l’essere e non il nulla?”. Insomma non solo l’esperienza quotidiana è in grado di mostrarci il dolore, ma anche millenni di filosofia ci consegnano a un atteggiamento binario nei confronti di esso e, di conseguenza, del male e del bene.Il sapere psicanalitico, però, ci mostra un altro aspetto del do-lore, quello forse più tenebroso, un desiderio che ci spinge verso di esso in un’inesauribile attrazione ad accarezzarlo. Proprio in questo senso Freud, in Al di là del principio di piacere, parla di Todestrieb, di “pulsione di morte”, come di quella pulsione inconscia che ci spinge a reiterare un’esperienza dolorosa, qualcosa che si pone oltre il principio di piacere in un incastro erotico col godimento. In questo senso, il masochismo diventa un’esperienza privilegiata per comprendere tale pulsione. Parlare di masochismo in termini filosofici è però estremamente complesso, poiché significa tentare di dire altrimenti qualcosa che, da metà Ottocento fino a oggi, è stato elaborato solo come una patologia. Patologizzare una condotta o uno stile di vita e di pensiero e non un’alterazione dello stato fisiologico di un organismo che ne riduce le funzionalità portandolo eventualmente alla morte, è però estremamente pericoloso se pensiamo che, solamente fino al 1973, l’omosessualità compariva nel DSM come una malattia psichiatrica e che, senza entrare troppo nel merito, vi resterà presente come disturbo egodistonico fino al 1994. Quindi, se non proprio fino a ieri, fino all’altro ieri. Ora, dal momento che non esistono standard universalmente validi che escludano a priori una particolare pratica sessuale, risulta molto difficile tracciare una linea di demarcazione rigida tra sesso “normale” e sesso “perverso”, e pensarsi “salvi” dal masochismo solo perché lo si è patologizzato chiamandosene fuori, non vuol dire non esserne toccati. Onde evitare quindi inutili semplicismi ideologici dati da riduzionismi di stampo culturalistico, appare quindi necessario gettare uno sguardo sul masochismo che sappia andare oltre a quelle codificazioni che così ingenuamente l’hanno pensato consegnandocelo solo in termini patologici.Tenendo quindi ben presente questa necessità e il relativo orizzonte di pensiero, l’intento che mi sono posto in queste pagine consiste nel riflettere sul lato oscuro del desiderio, quello che lo lega al dolore, e alla relazione che esso intrattiene con la cura, pensata quindi in questi termini non come cura tesa ad attenuarlo, quanto a produrlo, reiterarlo, dosarlo, infliggerlo. Mettendo quindi in relazione la cura al rituale sa-domasochistico, cercherò di comprendere se è ancora possibile parlare di cura in questi termini o se al contrario sia necessario un altro ordine di pensiero non più comprensibile nell’orizzonte della cura.Foucault è forse il primo a pensare al masochismo come a una cura volta a una liberazione personale da dispositivi di assoggettamento dei corpi. Il sadomasochismo per Foucault può essere visto come una tecnica volta a scoprire nuove forme di piacere che erotizzano parti del corpo non erogene e de-erotizzano quelle erogene. Il masochismo sarebbe quindi per Foucault una strategia che, creando una nuova e inattesa mappatura del corpo umano, permette al soggetto di godere di più e in infiniti modi, evadendo così da quelle strutture disciplinari che gli hanno insegnato a desiderare e a godere in un certo modo piuttosto che in un altro. Ne La volontà di sapere, che è il primo volume de La storia della sessualità, Foucault ci parla proprio del dispositivo di sessualità come di quel disciplinamento acefalo che ci ha portato a dire e ad agire in modo da produrre un certo tipo di sessualità. Se si pensa che ne Gli anormali, che è il corso al Collège de France del 1974/1975, Foucault parla della perversione come dell’istanza più propria alla sessualità, allora è facile comprendere come questa perversione non possa che essere incanalata entro regimi di potere che producono una certa sessualità funzionale proprio a mantenere quegli stessi regimi di potere che l’hanno prodotta. Ecco allora che la sessualità viene a configurarsi per come la conosciamo poiché è posta in essere da un potere che, avendo a cuore la salvaguardia e la reiterazione di se stesso, produce individui che riescono a darsi piacere solo in un certo modo e producendo certi risultati. Ecco allora che l’invertito, il feticista, il masochista ecc., posti sotto la lente del dispositivo di sessualità, emergono come forme devianti che rischiano di incrinare il meccanismo stesso di produzione del piacere e riproduzione del potere, se non vengono disciplinati e normalizzati, internati o medicalizzati.Il dispositivo di sessualità che assegna precise funzioni a precise aree del corpo che sono state simbolizzate e quindi erotizzate rischia di incrinare il proprio meccanismo nell’incontro con la pratica sado-masochista, pratica che, grazie al suo carattere eversivo/creativo, è in grado di mostrare tutta l’arbitraria erogeneità di certe zone a discapito di altre, e deve per questo essere patologizzata prima e normativizzata dopo in modo tale da poter essere fagocitata dal dispositivo stesso. Quello che sostiene Foucault è che evadere dal dispositivo di ses-sualità tramite una cura sadomasochistica dei piaceri significa gioire in modo creativo degli stessi scardinandoli, però, dal loro incastro col desiderio. Il sadomasochismo diviene in questi termini una cura capace di scoprire modi di dare e ricevere piacere che, non poggiando più sul noto meccanismo di mancanza/desiderio, sono in grado di essere dati e ricevuti di per se stessi . Una tecnica, quindi, in grado di offrire la possibilità di fruire di un piacere in quanto tale. Ciò che sostanzialmente Foucault sta cercando di fare attraverso uno sforzo chiaramente antipsicanalitico è pensare al sadomasochi-smo come una pratica che offre il piacere senza gravarlo della tensione che il desiderio porta con sé: una vera e propria cura di sé attraverso un’inaspettata dietetica dei piaceri. Un tentativo che poggia sulla con-vinzione, o forse sulla speranza, che si possa godere sessualmente di un corpo senza investirlo simbolicamente, che si possa fruirne i piaceri distruggendone quelle zone rese erogene dal dispositivo di sessualità. La sessualità è infatti profondamente compenetrata della simbolica dalla quale è emersa, simbolica che, per restare aderenti alle analisi foucaultiane, ci viene appunto dal dispositivo. La masturbazione per esempio, che potrebbe essere pensata come un momento estremamente intimo nel quale un individuo potrebbe lasciarsi andare a una ricerca tesa a idividuare nel corpo luoghi segreti del piacere, poggia invece su un impianto fantasmagorico che ne è la struttura cardine. Più che una vera indagine sulle sensazioni che il corpo può offrire, la masturbazione è infatti una questione prettamente mentale che trova nel corpo l’occasione e il semplice sostrato su cui appoggiarsi autisticamente, ed è proprio per questo che essa trova nella pornografia un valido supporto. Questo meccanismo può essere scardinato da una serie di pratiche di cura sadomasochistica che, secondo Foucault, non poggiando su zone erogene precostituite e socialmente erotizzate, possono reinventare il corpo facendone un’immensa distesa di pelle e carne che può essere interamente frustata, allargata, solleticata e manipolata in modo creativo in infinite tonalità e intensità di piacere/dolore senza né scopo né fine se non quello del piacere stesso. Inoltre, aggiunge Foucault, la pratica sadomasochista offre un importante supporto per mostrare l’arbitrarietà dei regimi di potere e, di conseguenza, per destabilizzare gli assetti sociali di subordinazione e sfruttamento. I partner in gioco nella pratica sadomasochistica sono infatti molto spesso intercambiabili, venendo in gergo definiti “switch”. Questo implica il fatto che, all’interno del rituale sado-masochistico, un individuo possa in momenti distinti impersonare sia la parte dello schiavo che quella del padrone. Secondo Foucault quest’aspetto di reversibilità è in grado di mostrare la totale arbitra-rietà che pone alcuni individui nella posizione di poterne sfruttare altri, causando uno smottamento all’interno della gerarchia sociale che ereditiamo da secoli di sfruttamento dell’uomo sulla donna, del bianco sul nero, del ricco sul povero. Sgretolando la fissità dei ruoli, esplicatasi anche in una certa postura dell’atto sessuale, non c’è più l’uomo che domina sulla donna o, come accadeva nella Grecia classica, l’ἐραστής sull’ἐρώμενος, i due partner al contrario giocano sullo stesso livello reinventando la gerarchia e cambiandola di volta in volta con l’unico intento di cercare, attraverso il dolore, di darsi piacere in modi appunto inaspettati e creativi. Questa disamina del rapporto sadomasochista che Foucault ci offre in modo purtroppo non strutturato, in quanto è possibile dedurla solo da interviste o brevi parentesi all’interno dei suoi ultimi lavori, e che forse sarebbe potuta diventare una teoria altamente interessante se il filosofo non fosse scomparso prematuramente, poggia però su due elementi di fragilità a cui muoverò una critica politica prima e una psicanalitica in seguito. Per quanto riguarda la prima, se è verissimo che il masochismo è in grado di cambiare la mappatura del corpo, è anche vero che in soli anni da quando Foucault ha scritto queste cose il dispositivo di sessualità è stato in grado di rintracciare e stanare le multiformi sfaccettature che il masochismo ha saputo creare, dando loro un nome e una collocazione precisa. La pornografia ci mostra chiaramente come il masochismo sia stato del tutto assorbito anche nelle sue pratiche più “creative” e ce ne offre oggi una chiara nosologia: la settorializzazione e lo specifismo che ci offrono e che dividono il masochismo in sottocategorie ben distinte come fisting, pissing, scatting, trampling, canningecc., rivelano infatti quanto quelle pratiche di manipolazione e ridistribuzione di piace-re siano già state capillarmente codificate e rese quindi inoffensive sotto il profilo della creatività. Il sadomasochismo, inoltre, è oggi un fenomeno sociale ben organizzato, riconosciuto e accettato, non tanto teso a far scoprire nuove possibilità senzienti del corpo, quanto a indicarle con precisione. Infine, come sostiene Leo Bersani, uno dei più famosi esponenti della Antisocial Queer Theory, se è vero che il sadomaso presenta una grande switchibility (reversibilità) tra i partecipanti, è anche vero che questa reversibilità è praticata all’interno di un gioco di potere e umiliazione che resta il fulcro della tensione sessuale. Il sadomasochismo, quindi, proprio perché fa venir meno il sesso, l’etnia, l’età dei partecipanti al gioco, proprio perché li rende intercambiabili, mostra come, al contrario di quanto diceva Foucault, c’è qualcosa di erotico nella dominazione e nell’umiliazione in sé, indipendentemente da quali siano i fini, gli ideali e le contingenze storiche della dominazione. L’effetto dirompente di smantellamento degli assetti sociali che il sadomasochismo descritto da Foucault dovrebbe portare con sé mostra una totale inefficacia sul piano politico e ci invita invece, con buona pace di Foucault, a ripensare questa tensione erotica proprio a partire da ciò che essa nasconde a livello inconscio, ci invita cioè a ripensare alla problematica a partire da un punto di vista psicanalitico In questo senso ci affacciamo alla seconda critica, con la quale vorrei mostrare attraverso la psicanalisi quello che ho definito il lato oscuro del desiderio, quello che cioè spinge il masochista a ritualizzare il dolore e la morte attraverso la sessualità. Se infatti è presumibil-mente vero che il masochista scopre altre forme di piacere e nuovi modi di godere del proprio corpo e di quello degli altri, è altresì vero che chiunque si affacci sulla scena sadomasochista non lo fa solo per puro piacere ma perché c’è qualcosa nell’erotica del dolore che lo attira irresistibilmente. Qualcosa che fa della fusione tra dolore e piacere una condizione necessaria all’eccitamento sessuale. Foucault pensa curiosamente al sadomasochismo come a un pharmakon utile a de-fantasticare il piacere, una specie di art de vivre tesa a svuotare il piacere dal suo apparato psicologico che, per Foucault, è sempre drammaticamente disciplinato; ma, come sostiene Bersa-ni, «sadomasochism is nothing but psychology». Tutta la messa in scena, la scelta dei luoghi, dei vestiti, dei simboli e l’importanza del gesto, della parola, dei ruoli all’interno del rituale e la serietà con la quale vi si partecipa, lasciano intuire quanto peso abbia per essi il fantasma che li spinge al rituale masochista e con quanta cura essi tentino di aderirvi pienamente. Chimerico e quasi commovente è per Bersani il tentativo di Foucault di pensare al masochismo come a una cura in grado di rimuovere l’assetto fantasmagorico dalla sessualità. Rimuovere infatti la dimensione oscura che lega il desiderio masochista alla morte spingendolo in un rituale fantasmatico di violenza significa in definitiva rimuovere il masochismo stesso. Se il dolore che il masochista cerca fosse identificabile solo come piacere, allora nonci sarebbe bisogno di parlare di masochismo, si parlerebbe al più di un modo singolare di provare piacere. L’enigma del masochista nasce però proprio perché egli cerca il dolore in quanto dolore, il male in quanto male; se il dolore è fisiologicamente una spia che si accende per proteggere l’organismo dalla distruzione, allora viene da pensare che, inconsciamente, sia proprio la frammentazione del sé attraverso la distruzione del corpo ciò che egli cerca. Una frammentazione ottenuta tramite un dolore costruito sapientemente ed elaborato finemente, un dolore che è, in una parola, simbolizzato. Come coglie allora Bersani facendo eco a una tradizione psicanalitica che va da Freud a Lacan, il sadomasochismo non è pensabile solo nei termini di una dietetica e di una cura dei piaceri come voleva Foucault, ma è al contrario frutto di quell’incastro fantasmagorico che ha legato pericolosissimamente in modo indissolubile Eros a Thanatos facendone una condicio sine qua non del desiderio. La domanda consiste allora nel cercare di comprendere se, all’interno del rituale sadomasochistico, possa esserci davvero spazio per una cura che affronti la sfida del desiderio sadomasochista senza ignorarlo. In altri termini consiste nel domandarsi se il masochista, che si eccita solo nella dispersione del sé tramite il dolore e l’umiliazione, possa avere una vita sessuale soddisfacente e anche una relazione di cura. Il tentativo consiste quindi nel cercare di comprendere se sia possibile tenere assieme eccitazione e affettività nel momento in cui esse creano una dicotomia insolubile. Hegel, che almeno pubblicamente non si è mai dedicato al masochismo, afferma una cosa molto interessante ai nostri fini, che può forse tracciare una via per una possibile risposta: «Intuire nell’autonomia dell’altro la completa unità con esso; ossia, avere per oggetto, come mio essere per me, questa libera cosalità d’un altro, da me trovata, che è il negativo di Me stesso». Intuire cioè che la completa unità dell’altro non si esaurisce nel suo essere un oggetto sessuale qui ora per me, ma che, al contrario, questo oggetto sessuale che è il mio schiavo e a cui io sto facendo del male è, nel suo essere un oggetto mio e per me,anche un oggetto libero, non tanto perché mi si è dato liberamente, ma perché sono io che, attraverso il negativo di me stesso, cioè attraverso quel negativo che in me è il non essere padrone, ho scavato nella sua schiavitù quella negatività che consiste nel suo non essere solo uno schiavo, ossia ho scavato uno spazio di libertà dal godimento che può divenire lo spazio del mio sentimento e viceversa. Il che significa, in una parola, non essere un tutto col godimento, laddove per “godimento” intendo quella pulsione ben descritta da Lacan in eco a Freud a godere a ogni costo, a godere al di là del piacere, a godere a discapito di me e dell’altro. Creare uno spazio di negatività dentro sé e nell’altro significa quindi godere dell’altro senza esaurirlo nel godimento, senza esaurirsi nel godimento. Esistere non significa forse uno stare fuori, essere un “non-tutto”? Poiché se si è tutto, significa che non si è nulla, cioè che si è morti. Ed è allora proprio tramite la rinuncia a essere un tutto, attraverso la rinuncia a dissolversi nel tutto attraverso un godimento infinito che si può tentare di rispondere all’aporia della cura nel rapporto sadomasochistico.Questo, però, è solo un tentativo dialettico per superare l’impasse tra servo e signore che già Kojève aveva evidenziato nelle sue lezioni sulla fenomenologia dello spirito. Vi sono casi, tuttavia, che restano insolubili perché non presentano alcuna possibilità di scavare un negativo con cui tentare una dialettica di riconoscimento e quindi di cura. L’esistenza, infatti, non è in se stessa dialettica e presenta situazioni limite che eccedono sempre i nostri tentativi di comprenderla dandole una misura etica che possa valere per tutti. Il caso di Karl-Heinz B. ne è un esempio. Qualche anno fa, nel marzo del la Germania scopriva la storia di Karl-Heinz B. e Ralf M., due uomini poco più che quarantenni che, conosciutisi su internet, dopo lunghe conversazioni e un incontro finito “male” hanno deciso di rivedersi e riprovarci. Questa seconda volta, con un biglietto di sola andata e più coraggio della precedente, Karl-Heinz ha raggiunto l’amico che l’ha ucciso e mangiato. Il tutto videodocumentato, il tutto svoltosi in modo completamente consensuale. Da sempre Karl-Heinz desiderava dissolversi donandosi totalmente in un rito cannibalico e, dopo anni di fantasie e piccoli tentativi, ha trovato il partner ideale, quello che è stato in grado di prendersi cura del suo desiderio. In questo caso ci troviamo di fronte a un esempio in cui una persona decide di dissolversi nel godimento, scegliendo di godere sempre, di godere senza coito, di godere senza fine, di godere fino alla fine, di godere fino a morirne. Karl-Heinz è l’esempio di una vita per la quale nulla valeva più che questo estremo atto di godimento, un caso, quindi, privo di ogni possibilità dialettica in cui non è presente alcun negativo che si sot-tragga al godimento totale. Possiamo anche in questo caso limite parlare ancora di cura? Ho scelto di parlare di Karl-Heinz proprio perché esso ci mostra la radicalità di un’esperienza che spinge il questionare filosofico alle sue estreme conseguenze all’estremità stessa della domanda che non riesce più ad afferrare alcun tipo di risposta. La filosofia qui, rinunciando all’ingenuo diritto di normalizzare e patologizzare, si trova disarmata di fronte all’indicibile di un’esistenza che domanda il diritto a una cura incomprensibile, la cura di morire di godimento, la cui risposta resta indecidibile.

    Edited by camerierina - 6/12/2022, 14:30
     
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    Ho letto solo ora questo articolo ( sono in vacanza fortunatamente ) molto interessante, ma certo qualche capoverso avrebbe aiutato a leggerlo meglio...

    Comunque riguardo il caso Karl-Heinz B. e Ralf M. è stato fatto un film veramente bello, ( ora devo recuperare i credit ) e sì, quello è una situazione SM estrema, considera che conoscevo il sito nei quali i due si sono conosciuti ( trattava anche crime in generale ) , e le tematiche che si potevano analizzare erano interessantissimi, trattandosi sempre di utenti con fantasie abbastanza estreme dopo l'episodio, purtroppo è stato chiuso.

    In ogni caso

    CITAZIONE
    La domanda consiste allora nel cercare di comprendere se, all’interno del rituale sadomasochistico, possa esserci davvero spazio per una cura che affronti la sfida del desiderio sadomasochista senza ignorarlo. In altri termini consiste nel domandarsi se il masochista, che si eccita solo nella dispersione del sé tramite il dolore e l’umiliazione, possa avere una vita sessuale soddisfacente e anche una relazione di cura. Il tentativo consiste quindi nel cercare di comprendere se sia possibile tenere assieme eccitazione e affettività nel momento in cui esse creano una dicotomia insolubile.

    Questa è una domanda davvero interessante.

    Spesso il masochista vero da esperienza si può dividere in due categorie principale, il masochista estremo può essere sia un narcisista patologico, sia una persona completamente depressiva che trova nel masochismo il rafforzativo di questa sua tendenza, nel caso del narcisista invece affronta il masochismo come un'atto di forza e di orgoglio, e non di fustigazione / punizione come nel secondo caso.

    Le dinamiche affettive che si possono sviluppare dentro un rapporto estremamente S/M proprio per questi sbilanciamenti sono spesso complesse, molto complesse, la parte S fermo restando che non si può isolare un'esistenza SOLO SM dentro una vita di coppia, se ha un approccio affettivo vero farà fatica, poi alla lunga se si consolida il rapporto, ad essere estremamente funzionale al maso, del resto l'aspetto tutelativi è a mio parere sano, per questo alla fine per quanto di natura possiamo essere S o M, il roleplay rimane il metodo più sano per vivere queste dinamiche ( i sessionisti lo sanno bene ), possono scegliere entro certi limiti chi come e cosa, dentro un rapporto la faccenda diventa più complessa, i rischi sono paralleli che si possa perder di intensità proprio perché il vincolo affettivo una volta creato genera inibizioni più tutelative verso l'altro, ma al contempo un legame più intenso lascia meno svincolato la parte M da un ritiro di punto in bianco, e se si creano dinamiche difficili da reggere, è sicuramente più complesso rispetto ad una sessione fare diètro frónt.

    Il caso dei due restano comunque esperienze limite ( non mi sorprende tra l'altro che la cosa sia avvenuta tra due uomini e non F/F o F/M o M/F )

    Mi spiace che in argomenti così interessanti nessuno abbia qualcosa da dire....
    Purtroppo per me questo è un anno impegnato come nessuno dei precedenti forse, per lavoro e altro, ma ora ad esempio che ho qualche giorno libero ci provo ad esserci di più, io non ci sono spesso ultimamente, ma la passione c'è sempre tanto...
     
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    A me viene in mente una frase recente di un mio amico (felicemente sposato e figliato) che guardando le immagini di una bellissima donna disse (più o meno), ma con grande passione: "Da una così mi farei anche picchiare".

    CITAZIONE
    Spesso il masochista vero da esperienza si può dividere in due categorie principale, il masochista estremo può essere sia un narcisista patologico, sia una persona completamente depressiva che trova nel masochismo il rafforzativo di questa sua tendenza, nel caso del narcisista invece affronta il masochismo come un'atto di forza e di orgoglio, e non di fustigazione / punizione come nel secondo caso

    Non mi è chiara del tutto questa tua esposizione. :=/: A dire il vero non mi è chiara appieno neanche l'esposizione di Andrea Nicolini, sarò de coccio? :blink:
    Personalmente, ad oggi, penso di avere una componente masochistica importante, ma questa è a tutti gli effetti assimilabile ad una mia componente di feticismo e sottomissione senza le quali il mio masochismo non avrebbe ragione di esistere. Forse non sono sono un "vero masochista"? :=/:
    Inoltre mi ritengo un "eterosessuale fondamentalista" ed escludo (quasi) totalmente lo switching, ...ho anche moltissima difficoltà nel vederlo negli altri, ma va bene me ne faccio una ragione, ognuno è come si sente di essere.
    Se penso ad una donna per la quale provo un certo interesse e/o desiderio, anche solo fisico, che mi sottomette torturandomi, viene spontaneo chiedermi quanto questo "rituale" (tale lo considero) abbia un significato di "un'atto di forza e di orgoglio" aggiungo di sfida nei miei o nei suoi confronti e se questa sia anche una forma narcisistica latente, inconsapevole.
    D'altro canto, se per quella stessa donna provassi anche un forte sentimento affettivo o meglio d'amore profondo, credo non avrei alcun problema ad accettare momenti sadomasochistici duri e puri, alternati a coccole amorose delicate. Insomma potrei benissimo passare da un martirio carnale fatto di torture atte a superare i miei limiti, al fare subito dopo l'amore tradizionale con la posizione del missionario. Tra l'altro si potrebbero miscelare le due cose, la fantasia non mancherebbe. Forse il problema maggiore potrebbe essere più della controparte femminile (sadica) che avrebbe dei problemi ad infierire per timore di "danneggiarmi"(?) Mah :=/:

    Chiamarla "cura"? Ma nel senso di cura per una possibile patologia, o cura del prossimo come accudimento?
     
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    Secondo il mio modestissimo parere la questione è mal posta.

    se leggo la frase
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    In altri termini consiste nel domandarsi se il masochista, che si eccita solo nella dispersione del sé tramite il dolore e l’umiliazione, possa avere una vita sessuale soddisfacente e anche una relazione di cura. Il tentativo consiste quindi nel cercare di comprendere se sia possibile tenere assieme eccitazione e affettività nel momento in cui esse creano una dicotomia insolubile.

    la prima cosa che mi viene da obiettare è che "il masochista" non esiste.

    esistono migliaia di persone che vivono il masochismo in modi incredibilmente diversi. e nemmeno credo che l'eccitazione per il dolore vada sempre di pari passo col desiderio di essere umiliato.

    qui dentro del resto abbiamo parlato diverse volte delle differenze tra maso, sub, bottom, feticisti dell'umiliazione, slave e mille altre sottocategorie.

    inoltre si parla di un masochista che si eccita solo in un certo modo. e anche qui si potrebbe dire che non è mica sempre vero.

    detto questo... posso portare la mia esperienza personale.

    ci sono stati anni ad esempio in cui dell'umiliazione e della sottomissione mi interessava assai poco. mi interessava solo il dolore fisico. e posso dire di aver vissuto la cosa in maniera assolutamente soddisfacente.

    diverso il discorso su umiliazione e sottomissione, perchè per me è tutto ancora una sperimentazione. non so bene cosa voglio, o magari lo so anche molto bene ma non ho trovato la persona giusta, o la persona che era giusta per me (quella a cui sarei veramente capace di sottomettermi) non è interessata alla dominazione.

    poi l'età avanza, le occasioni per conoscere ed entrare in contatto/intimità si riducono (e non sono interessato a cose tipo munch o playparty perchè mi sembrano ambienti che possono diventare tossici in un battito di ciglia, come ogni ambiente chiuso o tematico, quale che sia il tema), quindi forse certe cose non avrò mai modo di approfondirle sulla mia pelle. (certe cose le avrai col tempo, certe altre non le avrai mai ^_^ )

    inoltre, tornando al masochismo, mi pare che in tutto l'articolo manchi proprio un riferimento alla fisiologia. Il dolore può amplificare il piacere al di là di ogni significato psicoanalitico.

    è più semplice spiegarlo con l'asfissia erotica. Amplifica l'orgasmo. Poi a me non attira, perchè non credo che mi piacerebbero le altre sensazioni ad essa collegate.
    Ma che l'ipossia amplifica l'orgasmo è un dato di fatto. E' fisiologicamente fatto così (bene o male) anche chi non è masochista e chi non è attirato dall'asfissia erotica.

    Edited by RufusByeBye - 5/7/2023, 00:14
     
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    CITAZIONE (Gisy Scerman @ 3/7/2023, 08:56) 
    (...)
    Le dinamiche affettive che si possono sviluppare dentro un rapporto estremamente S/M proprio per questi sbilanciamenti sono spesso complesse, molto complesse, la parte S fermo restando che non si può isolare un'esistenza SOLO SM dentro una vita di coppia, se ha un approccio affettivo vero farà fatica, poi alla lunga se si consolida il rapporto, ad essere estremamente funzionale al maso, del resto l'aspetto tutelativi è a mio parere sano, per questo alla fine per quanto di natura possiamo essere S o M, il roleplay rimane il metodo più sano per vivere queste dinamiche ( i sessionisti lo sanno bene ), possono scegliere entro certi limiti chi come e cosa, dentro un rapporto la faccenda diventa più complessa, i rischi sono paralleli che si possa perder di intensità proprio perché il vincolo affettivo una volta creato genera inibizioni più tutelative verso l'altro, ma al contempo un legame più intenso lascia meno svincolato la parte M da un ritiro di punto in bianco, e se si creano dinamiche difficili da reggere, è sicuramente più complesso rispetto ad una sessione fare diètro frónt.(...)

    Quando S ed m si trovano in coppia possono generare inibizione a tutela reciproca, credo di averla vissuta.
    Talvolta generano disinibizione fino al punto di oltrepassare i limiti ed averne paura, fino ad allontanarsi e separarsi, altra forma di tutela.

    PS: si mancano i paragrafi mi dispiace, nel copia incolla sono saltati.
     
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    CITAZIONE (cico-ria @ 3/7/2023, 10:59) 
    A me viene in mente una frase recente di un mio amico (felicemente sposato e figliato) che guardando le immagini di una bellissima donna disse (più o meno), ma con grande passione: "Da una così mi farei anche picchiare".

    CITAZIONE
    Spesso il masochista vero da esperienza si può dividere in due categorie principale, il masochista estremo può essere sia un narcisista patologico, sia una persona completamente depressiva che trova nel masochismo il rafforzativo di questa sua tendenza, nel caso del narcisista invece affronta il masochismo come un'atto di forza e di orgoglio, e non di fustigazione / punizione come nel secondo caso

    Non mi è chiara del tutto questa tua esposizione. :=/: A dire il vero non mi è chiara appieno neanche l'esposizione di Andrea Nicolini, sarò de coccio? :blink:
    Personalmente, ad oggi, penso di avere una componente masochistica importante, ma questa è a tutti gli effetti assimilabile ad una mia componente di feticismo e sottomissione senza le quali il mio masochismo non avrebbe ragione di esistere. Forse non sono sono un "vero masochista"? :=/:
    Inoltre mi ritengo un "eterosessuale fondamentalista" ed escludo (quasi) totalmente lo switching, ...ho anche moltissima difficoltà nel vederlo negli altri, ma va bene me ne faccio una ragione, ognuno è come si sente di essere.


    Chiamarla "cura"? Ma nel senso di cura per una possibile patologia, o cura del prossimo come accudimento?

    dipende se quella frase è una battuta o meno, ma penso che se uno non avesse una certa indole certe cose non le direbbe nemmeno in battuta, direbbe altro... su questo stanne certo, quindi se uno dice una cosa simile significa che un pensierino l'ha fatto...

    La mia esposizione per me è chiara :lol: :lol: :lol: se guardiamo a molti "slaves" non è raro imbattersi in degli esaltati, ho fatto questo quello, e quest'altro, mi farei fare questo questo e quest'altro... che problema c'è ? di norma questa categoria si bottom, ragionano a tacchete esattamente come quelli che si vanano di ave scopato a destra e a manca do id aver dato prestazioni eccezionali, del resto spesso parte dell'eccitazione è l'idea di compiere qualcosa di straordinario in un qualche ambito ( in questo caso quello sessuale deviato ), ma che non ha valenza differente in fin dei conti, dal sessuale vanilla, dove lì invece i parametri di esaltazione possono essere basati piuttosto su classiche prestazioni sessuali o quantità di donne etc.
    Altro gene di bottom colui che rafforza il suo pensiero svilente riguardo se stesso, io ne ho le balle piene di gente che vuole sentirsi dite che è un coglione per farsi le seghette o cose simili.

    CITAZIONE
    Se penso ad una donna per la quale provo un certo interesse e/o desiderio, anche solo fisico, che mi sottomette torturandomi, viene spontaneo chiedermi quanto questo "rituale" (tale lo considero) abbia un significato di "un'atto di forza e di orgoglio" aggiungo di sfida nei miei o nei suoi confronti e se questa sia anche una forma narcisistica latente, inconsapevole.
    D'altro canto, se per quella stessa donna provassi anche un forte sentimento affettivo o meglio d'amore profondo, credo non avrei alcun problema ad accettare momenti sadomasochistici duri e puri, alternati a coccole amorose delicate. Insomma potrei benissimo passare da un martirio carnale fatto di torture atte a superare i miei limiti, al fare subito dopo l'amore tradizionale con la posizione del missionario. Tra l'altro si potrebbero miscelare le due cose, la fantasia non mancherebbe. Forse il problema maggiore potrebbe essere più della controparte femminile (sadica) che avrebbe dei problemi ad infierire per timore di "danneggiarmi"(?) Mah :=/:

    Certo capisco il tuo pensiero, ma credo siano dinamiche piuttosto rare, una donna che ti ama e guarda caso abbia tutta questa voglia di fare SM, mah, sì può darsi, ma statisticamente molto improbabile a mio avviso, ciò nella bolgia della statistica può capitare, ma...
    E poi in generale anche le donne SM tendono a traslare molto più psicologicamente il lato sado rispetto a quello fisico, e questa è un'altra fondamentale differenza e divergenza tra F e M

    CITAZIONE (camerierina @ 6/7/2023, 01:30) 
    Quando S ed m si trovano in coppia possono generare inibizione a tutela reciproca, credo di averla vissuta.
    Talvolta generano disinibizione fino al punto di oltrepassare i limiti ed averne paura, fino ad allontanarsi e separarsi, altra forma di tutela.

    PS: si mancano i paragrafi mi dispiace, nel copia incolla sono saltati.

    Eh sì, perché ovviamente quando subentrano altre dinamiche è molto complicato tenere a bada l'insieme, isolando le dinamiche per certi versi è molto più facile, questo vale anche per chi va ad escort ( e anche qui non è sempre vero ), anziché aver dei flirt sessuali con conoscenti, da un certo punto di vista il rapporto mercenario è più nitido, so che io ti do qualcosa una determinata cosa stabilita e tu paghi per questo, cosa che nelle altre dinamiche non succede.
    C'era un mio conoscente per dire che lamentava il fatto che quando aveva dei flirti sessuali con delle ragazze, nella maggior parte dei casi poi loro lo ricercavano per una storia un po' più strutturata e la cosa non moriva lì per loro, ( e questo lo incasinava dato che è sposato ) per me la cosa più logica è dire, beh scusa, vai a puttane no ?
    Mi sembrerebbe tanto logico per chi non vuole implicazioni. E lui mi risponde " eh ma mi è sempre sembrato squallido pagare per il sesso", beh è non è squallido andare con delle ragazze che poi si illudono di ricevere altro ? A mio parere qui la scala dello squallore andrebbe rivista., e questi sono tutti retaggi del cavolo, io da quel punto di vista son sempre stata a favore del mercenariato.
    Sempre la solita faccenda uno vuole la botte piena e la moglie ubriaca...
     
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    CITAZIONE (Gisy Scerman @ 6/7/2023, 10:48) 
    CITAZIONE (cico-ria @ 3/7/2023, 10:59) 
    A me viene in mente una frase recente di un mio amico (felicemente sposato e figliato) che guardando le immagini di una bellissima donna disse (più o meno), ma con grande passione: "Da una così mi farei anche picchiare".

    CITAZIONE
    Spesso il masochista vero da esperienza si può dividere in due categorie principale, il masochista estremo può essere sia un narcisista patologico, sia una persona completamente depressiva che trova nel masochismo il rafforzativo di questa sua tendenza, nel caso del narcisista invece affronta il masochismo come un'atto di forza e di orgoglio, e non di fustigazione / punizione come nel secondo caso

    Non mi è chiara del tutto questa tua esposizione. :=/: A dire il vero non mi è chiara appieno neanche l'esposizione di Andrea Nicolini, sarò de coccio? :blink:
    Personalmente, ad oggi, penso di avere una componente masochistica importante, ma questa è a tutti gli effetti assimilabile ad una mia componente di feticismo e sottomissione senza le quali il mio masochismo non avrebbe ragione di esistere. Forse non sono sono un "vero masochista"? :=/:
    Inoltre mi ritengo un "eterosessuale fondamentalista" ed escludo (quasi) totalmente lo switching, ...ho anche moltissima difficoltà nel vederlo negli altri, ma va bene me ne faccio una ragione, ognuno è come si sente di essere.


    Chiamarla "cura"? Ma nel senso di cura per una possibile patologia, o cura del prossimo come accudimento?

    dipende se quella frase è una battuta o meno, ma penso che se uno non avesse una certa indole certe cose non le direbbe nemmeno in battuta, direbbe altro... su questo stanne certo, quindi se uno dice una cosa simile significa che un pensierino l'ha fatto...

    La mia esposizione per me è chiara :lol: :lol: :lol: se guardiamo a molti "slaves" non è raro imbattersi in degli esaltati, ho fatto questo quello, e quest'altro, mi farei fare questo questo e quest'altro... che problema c'è ? di norma questa categoria si bottom, ragionano a tacchete esattamente come quelli che si vanano di ave scopato a destra e a manca do id aver dato prestazioni eccezionali, del resto spesso parte dell'eccitazione è l'idea di compiere qualcosa di straordinario in un qualche ambito ( in questo caso quello sessuale deviato ), ma che non ha valenza differente in fin dei conti, dal sessuale vanilla, dove lì invece i parametri di esaltazione possono essere basati piuttosto su classiche prestazioni sessuali o quantità di donne etc.
    Altro gene di bottom colui che rafforza il suo pensiero svilente riguardo se stesso, io ne ho le balle piene di gente che vuole sentirsi dite che è un coglione per farsi le seghette o cose simili.

    Credo che la battuta contenga in sé un desiderio quanto meno inconscio. Penso che l'essere dominati da una donna, specie se particolarmente bella, sia un desiderio che hanno la maggior parte dei maschietti perché è erotico, poi è soggettivo il metterla in atto o meno.

    L'ho detto Gisy, so' de coccio. :D
    Più che non capire quello che avevi scritto, non riesco a capire a quale delle due categorie io possa appartenere: "un narcisista patologico" o "una persona completamente depressiva". Di sicuro però non mi ritengo "masochista estremo" quindi forse rimango fuori dalle due categorie da te descritte. :rolleyes:




    CITAZIONE (Gisy Scerman @ 6/7/2023, 10:48) 
    CITAZIONE
    Se penso ad una donna per la quale provo un certo interesse e/o desiderio, anche solo fisico, che mi sottomette torturandomi, viene spontaneo chiedermi quanto questo "rituale" (tale lo considero) abbia un significato di "un'atto di forza e di orgoglio" aggiungo di sfida nei miei o nei suoi confronti e se questa sia anche una forma narcisistica latente, inconsapevole.
    D'altro canto, se per quella stessa donna provassi anche un forte sentimento affettivo o meglio d'amore profondo, credo non avrei alcun problema ad accettare momenti sadomasochistici duri e puri, alternati a coccole amorose delicate. Insomma potrei benissimo passare da un martirio carnale fatto di torture atte a superare i miei limiti, al fare subito dopo l'amore tradizionale con la posizione del missionario. Tra l'altro si potrebbero miscelare le due cose, la fantasia non mancherebbe. Forse il problema maggiore potrebbe essere più della controparte femminile (sadica) che avrebbe dei problemi ad infierire per timore di "danneggiarmi"(?) Mah :=/:

    Certo capisco il tuo pensiero, ma credo siano dinamiche piuttosto rare, una donna che ti ama e guarda caso abbia tutta questa voglia di fare SM, mah, sì può darsi, ma statisticamente molto improbabile a mio avviso, ciò nella bolgia della statistica può capitare, ma...
    E poi in generale anche le donne SM tendono a traslare molto più psicologicamente il lato sado rispetto a quello fisico, e questa è un'altra fondamentale differenza e divergenza tra F e M

    Non metto in dubbio che alcune "donne sadiche" possano translare più sul lato psicologico, però infierire con la mente è molto più pericoloso, a mio parere, rispetto al lato fisico.
    Ho avuto una compagna che un po' mi "maltrattava" fisicamente e credo che un po' piacesse anche a lei farlo. Solo una volta si spaventó tantissimo, perché mi aveva fatto uscire qualche goccia di sangue sulla schiena.
    Credo è spero che non siano così rare le donne Sado che amino lasciare dei segni sul corpo del proprio amato, penso ai succhiotti (piuttosto comuni anche tra i vanilla), per arrivare ai morsi, ai tacchi, ai graffi, alle sferzate... Sono come dei marchi che indicano una sorta di appartenenza, che trovo io stesso piacevole rimirarli.
    Non credi che ci sia del romanticismo anche in questo? :D

    CITAZIONE (camerierina @ 6/7/2023, 01:30) 
    PS: si mancano i paragrafi mi dispiace, nel copia incolla sono saltati.

    Questo mi consola, vuol dire che sono meno de coccio. :lol:
     
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6 replies since 6/12/2022, 13:25   95 views
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