| Mah, io sono nato e vivo in una terra di confine fra 2 regioni, sono figlio di immigrati e là ho anche passato parte della mia vita (tutte le estati per intero fino ai 14 anni e poi sempre meno), e mio nonno paterno stesso era immigrato, ho vissuto anni all'estero, in diversi paesi e viaggiato "abbastanza" in continenti diversi. Parlotto un paio di lingue straniere e un paio di dialetti.
Detto ciò, dovrei sentirmi cittadino del mondo? Non credo. Non amo per nulla né ho mai amato la mia città natale, dove vivo e dove mi toccherà vivere. Non sento radici forti con la mia terra, come non ne sento poi moltissime con la terra dei miei genitori e quella di mio nonno. Certo, qualcosa lo sento, soprattutto intrinsecamente quando mi capita di andare nella terra natale di mio nonno, e sono affezionato a certi luoghi.
Cosa mi sento io? Probabilmente solo me stesso, comunque RufusByeBye dò ragione a quello che pensi di questa spinta -a volte becera- sulla regionalità che presto finirà per disgregare il Paese, però le differenze fra regioni ci sono, e sono a volte lampanti e io stesso mi infastidisco parecchio quando qualcuno dice che vengo dalla terra dei miei genitori. No, non ho nulla a che farci in termini di mentalità. Alla fine l'ambiente in cui si cresce ha maggior influenza del sangue che si ha nelle vene.
Gelon Navi tu non parli il tuo dialetto, questo identifica anche la tua classe sociale perché -macro differenza tra il Sud e il Triveneto- al Sud spesso il dialetto è visto come la lingua dei rozzi, degli illitterati, quando invece le persone veramente colte lo parlano dandogli la sua giusta importanza, in Triveneto il dialetto è la lingua di tutti, che tu sia operaio, capitano d'industria, professore universitario o politico (solo le forze armate e di pulizia non si "abbassano" a parlarlo ...)
Cordialmente |
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